Spesso ho notato che si dà più importanza alla possibilità di poter brevettare la propria idea, piuttosto che concentrarsi su una buona e rapida implementazione.
Il mio cliente tipo arriva in agenzia e, parlandomi della folgorante illuminazione avuta alle due di notte a seguito di una cena troppo pesante, mi dice “ho avuto questa idea sensazionale, la sto confessando solo a te e oggi stesso voglio andare a brevettarla“.
Pensiero analogo l’hanno fatto alcuni lettori del mio precedente articolo che, in riferimento al punto dove escludevo ciò che era brevettabile quando avvisavo che i possibili competitor sono sempre dietro (o avanti) l’angolo, mi hanno contattato esclamando “Ma allora la mia idea è al sicuro?! Perché pensavo proprio di brevettarla! Posso dormire sonni tranquilli?“
Facciamo subito chiarezza sull’argomento: le idee non sono brevettabili. E non lo dico io ma lo dice l’ufficio Italiano brevetti e marchi.
Qual è allora il concetto di brevettabilità?
È necessario precisare che, quando si parla di brevetti, non si parla di idee ma di “implementazioni”. Ossia non è possibile brevettare un concetto che può portare in diversi modi ad un medesimo risultato, mentre è possibile brevettare la tecnica che consente di raggiungere quel risultato.
Facciamo un esempio: laddove si riuscisse ad ideare un nuovo algoritmo in grado di aumentare la risoluzione di un’immagine, è possibile richiederne il brevetto. Non è invece possibile brevettare la generica intenzione di aumentare la risoluzione delle immagini.
La normativa consente quindi ad un nostro competitor di ideare un algoritmo diverso che può raggiungere, in altra maniera, un risultato molto simile se non addirittura identico al nostro.
Tutto ciò riporta quindi (e come sempre) l’attenzione sull’implementazione e non sull’idea.
Il Copyright
Altro concetto spesso confuso con il brevetto è quello del copyright.
Il copyright nasce automaticamente quando si scrive un software che assolve ad un compito specifico. La regolamentazione di un software, da questo punto di vista, è equiparabile a quella di un’opera letteraria ed è regolamentata da una legge del 1941 (recente, eh?).
Il copyright, però, interessa direttamente il codice di quel software che viene così tutelato dalla copia non autorizzata dello stesso. Non ha quindi a che fare con un concetto, bensì con il codice sorgente che corre il rischio di essere copiato e riutilizzato senza il permesso dell’autore. Pertanto è una forma di protezione meno forte, visto che un concorrente potrebbe riscrivere una procedura molto simile con altro codice, senza, di fatto, violare il copyright.
Come anticipato, il copyright non necessita di nessuna richiesta esplicita in quanto scaturisce automaticamente con la scrittura del codice sorgente, ma è possibile depositare il proprio codice presso un ente preposto (ad esempio la SIAE) influenzando il modo in cui il diritto d’autore può essere fatto valere, ma non la sostanza (vedi legge n. 633/1941).
Eventuali schemi o flowchart che descrivano la tecnica utilizzata possono anch’essi essere depositati (in quanto opera d’autore) al fine di tutelare ulteriormente la logica alla base del codice da noi sviluppato.
La tutela del marchio
Ultima precisazione riguarda la protezione del marchio.
In teoria, infatti, non dovremmo preoccuparci solo della possibilità che i nostri codici sorgenti finiscano nelle mani sbagliate e/o che qualcuno copi la nostra stessa tecnica di implementazione, ma anche che nessuno sfrutti o imiti il nostro marchio per approfittare della notorietà che potremmo aver raggiunto.
Pertanto un’attività che, prima o poi, si renderà necessaria sarà registrare il proprio marchio e bisognerà decidere per quali zone del mondo e quali settori merceologici registrarlo.
Naturalmente più vasta sarà la copertura, maggiori saranno i costi. Di contro, più ristretto sarà il nostro raggio di azione, maggiori saranno le possibilità che un’altra azienda usi il nostro stesso nome in altri settori o in altri paesi del mondo.
E’ da sottolineare che la tutela del marchio non solo vieta ad altri l’utilizzo del nostro logo e del nostro nome, ma impedisce ad altri anche l’utilizzo di logo e naming simili, palesemente usati per sfruttare la nostra visibilità.
Per questo ed altri motivi, la registrazione del marchio va sempre affidata ad un esperto, in quanto step fondamentale è la ricerca di marchi simili, per evitare di essere accusati di violazione nonché vanificare tutti gli sforzi di protezione del nostro brand.
In generale, comunque, il mio consiglio (che vale per molte startup ma non per tutte) è quello di concentrarsi su una buona e rapida implementazione, rimandando per il momento le questioni legate a brevetti e marchi, visto che è necessario raggiungere una certa notorietà prima di rischiare di essere copiati 😉
Nota: le leggi sulla tutela del software sono ancora molto generiche e pertanto soggette ad interpretazione. Se però qualcuno avesse altro da integrare o rettificare, si faccia pure avanti 🙂
